La valle d’Arigna rappresenta il cuore della catena orobica: qui si trova la sua cima più alta, il pizzo di Coca (m. 3050, unica vetta orobica, insieme ai pizzi di Scais e Redorta, a superare i 3000 metri), massima elevazione di una testata che, improvvisa, aspra ed apparentemente inaccessibile, si presenta a chi si addentri nella valle.
Arigna (termine che deriva da “lariana” e, quindi, da “larix”, cioè larice) suona un po’ come arcigna, ed in effetti la valle, chiusa com’è da questa muraglia di roccia, mostra un volto severo, tipicamente alpinistico (il che giustifica la presenza di ben due bivacchi, il Resnati ed il Corti, e di un rifugio, la capanna Donati).
Fontaniva, questo è ora il centro principale della valle, è il termine corretto per designare il paesino, che però è più conosciuto con il termine improprio di Arigna, toponimo che dovrebbe riferirsi alla sola valle, ma che viene riportato da diverse carte.
Il paese è posto ad 834 metri, nel cuore della valle, e qui possiamo ancora percepire il ritmo di un respiro antico.
La valle d’Arigna è, infatti, fra le più ricche di tradizioni nel versante orobico, come testimoniano la tessitura dei pezzotti, tappeti dai colori vivaci ottenuti utilizzando la canapa e scarti di cotone, lino e lana (attività che ha qui uno dei centri storici più importanti), e la cropa, un tipo di polenta cucinata nella panna, con farina di grano saraceno, cui vanno aggiunti un po’ di farina di granturco, una schiacciata di patate lessate e cubetti di formaggio magro.
Un sapore antico che promana anche da alcune leggende legate a questi luoghi.